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FACCIAMO TUTTI COME LE OLOTURIE

​Le oloturie, note anche come cetrioli di mare, sono creature che vivono adagiate sui nostri fondali marini. Parenti di stelle e ricci di mare, contribuiscono all’equilibrio biologico filtrando l’acqua e favorendo altri organismi, come alghe e coralli. Sono considerate un alimento prelibato in Asia a tal punto da arrivare a costare anche seicento dollari al chilo. Per questa ragione, due anni fa ne è stata vietata la pesca in tutto il Mediterraneo.

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Le oloturie hanno una caratteristica straordinaria: quando vengono attaccate hanno la capacità di espellere gli organi interni per poi rigenerarli in poco tempo.

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La poetessa polacca Szymborska dedica loro la poesia “Autotomia” e io la dedico a tutti noi, con l'augurio di riuscire a essere un po' come queste incredibili creature: morire quanto necessario, ricrescere quanto occorre.

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In caso di pericolo, l’oloturia si divide in due:
dà un sé in pasto al mondo,
e con l’altro fugge.
 
Si scinde d’un colpo in rovina e salvezza,
in ammenda e premio, in ciò che è stato e ciò che sarà.
 
Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso
con due sponde subito estranee.
 
Su una la morte, sull’altra la vita.
Qui la disperazione, là la fiducia.
 
Se esiste una bilancia, ha piatti immobili.
Se c’è una giustizia, eccola.
 
Morire quanto necessario, senza eccedere.
Ricrescere quanto occorre da ciò che si è salvato.
 
Già, anche noi sappiamo dividerci in due.
Ma solo in corpo e sussurro interrotto.
In corpo e poesia.
 
Da un lato la gola, il riso dall’altro,
un riso leggero, di già soffocato.
 
Qui il cuore pesante, là non omnis moriar,
tre piccole parole, soltanto, tre piume d’un volo.
 
L’abisso non ci divide.
L’abisso circonda.

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"Autotomia" di Wisława Szymborska

  (Traduzione di Pietro Marchesani)

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